🌷 Raccontare questo mondo a un socotrano. Di primavere, e di Russia e Ucraina a Roma
Torna il tour nel centro di Roma dedicato alle culture ucraina e russa, domenica 5 giugno 2022
Ciao!
Questa è la newsletter di Pain de Route, che esce sporadicamente, con assoluta e sistematica incostanza, solo quando ci sono cose da dire.
Torno prima del solito con qualche riflessione e un po’ di novità. La stanzialità forzata mi sta portando a rimuginare più del dovuto, e dopo tanti mesi di disconnessione quasi totale dalle news è scioccante e doloroso fare ogni giorno un bagno di male del mondo, anche se fino a un certo punto è moralmente necessario. Leggo e ascolto, poi taccio. Su tanti episodi davvero bui non ho niente da aggiungere, e c’è già troppo baccano in giro.
La primavera mi distrae. Cos’è successo nel frattempo: c’è seminare l’orto, da raccogliere la rucola e i piselli, e Amina, una delle ragazze ucraine ospiti da noi in campagna, mi ha fatto una treccia stupenda. ‘Coccinella’ in russo si dice korovka, e Anya ripete coccilella mentre chiacchiera in un adorabile surzhyk russo-ucraino seminando fiori insieme a me. Ha sei anni, «che in italiano si dice seven», ripete ad alta voce. Ogni giorno spingo la mia autonomia di camminata (quasi senza stampelle!) sempre più in là di qualche centinaio di metri. Ieri sera ho provato di nuovo ad andare in bici. Questo recupero lentissimo è estenuante, più che confortante. Perlomeno, l’essermi (mio malgrado) riadattata alla società mi ha spinta a riorganizzare nuove cose, nuovi eventi.
In breve: domenica 5 giugno alle 15.00 torna un evento che avevamo organizzato in autunno con grande successo, ma riadattato. È «Russia e Ucraina a Roma», una passeggiata nel centro storico per trasfigurare la città attraverso i luoghi di due comunità storiche di Roma, quella ucraina e quella russa. Dopo l’invasione russa del 24 febbraio, io e Vie di Fuga crediamo che sia una camminata ancora più necessaria, e che ci riguarda da vicino. Tutte le info più in basso, o sulla pagina eventi.
«Life is so fantastic»
Di tanto in tanto, la mente torna a Socotra, un angolino di sole e serenità da qualche parte nei meandri della mia mente. A volte, invece, è Socotra che torna da me, come una notifica di Whatsapp. Il salto spazio-temporale ha sempre dell’incredibile.
«How are you? How’s life?»
«Oh, I’m good. Life is so fantastic!»
L’entusiasmo inscalfibile di Adnan, alternato a drammi esistenziali gestiti con la maturità di un bambino dell’asilo, mi investe anche a migliaia di chilometri di distanza. La stagione lavorativa è finita, le scuole sono chiuse, non c’è più lavoro, i venti iniziano già ad alzarsi in raffiche devastanti in alcune parti dell’isola e tra poche settimane Socotra sarà tagliata fuori dal resto del mondo per tutta l’estate, fino a settembre. Benzina razionata, poco cibo e a prezzi esorbitanti, non si può nemmeno pescare se non da riva, e al mercato trovi quello che trovi. Forse andrà in mainland, mi dice. Fuori dall’isola, il mondo sta andando a rotoli giorno dopo giorno. «But I love windy season so much». Ma come fa la vita ad essere so fantastic? Ah già. È socotrano.
Il telefono suona a tutto volume alle 7.39 di mattina, per pochi secondi. È Wagdi che mi manda uno squillo come nel 2009, perché le chiamate Whatsapp sulle sim emiratine tanto sono bloccate. Vuole che ascolti l’audio che mi ha appena mandato.
«WAGDI DON’T CALL ME IT’S 7.39AM PEOPLE STILL SLEEP HERE»
Gli rispondo digitando ad occhi chiusi. Trattengo un paio di insulti. Invio. Ma cosa gli passa per la testa? Ah, già. È socotrano. Ascolto l’audio.
«Nora aiiin elbeb elbeb elbeb elbeeeeeb, damra damra Nora»
Qualcuno ridacchia in sottofondo. Non capisco neanche bene chi parla. Forse è Mubarak? Nora sei un cuore cuore cuore, mi danneggi mi danneggi Nora. Se non ripeti una parola almeno due o tre volte, il concetto non passa.
Se dentro di me non abitasse ancora una scheggia di quella follia socotrana capace di mandare tutto in vacca e riderci sopra, avere una fede incrollabile nel futuro, e ridere di gusto sulle sciagure, avrei già mandato tutti al diavolo. Ci si mette pure Saad, che vive a Reqeleh, dove non c’è internet. I suoi messaggi mi arrivano starati di settimane, quando passa da Hadibo, la capitale. Per qualche strano motivo, adora scrivere con una punteggiatura quasi ossessiva, seriosa, un po’ passivo aggressiva.
«Hi Nura. How are you. I missed you very much».
Ciao Saad, tutto ok. Mi sono slogata la caviglia ma va tutto bene. È tipo osso rotto ma non osso rotto. Qullo amur taibe.
«Ahlamdlilah. What’s broblem? Inshallah you will walk»
A volte, quand’ero a Socotra e avevo il lusso di una connessione decente, volevo vedere le foto del giorno de Il Post. Ci metteva praticamente un minuto a caricare ogni foto, ma tanto non c’era fretta. Mi sono sempre piaciute da morire quelle raccolte di foto, che ti facevano fare il giro del mondo in un unico sguardo. Chiamavo sempre Adnan per farle vedere anche a lui, gli traducevo le didascalie, contestualizzavo un po’. Le alluvioni in Australia. Gli elicotteri che spengono gli incendi in Corea del Sud. Le manifestazioni a supporto dell’Ucraina a Tokyo. Una donna saluta un uomo dalla porta di un treno per Leopoli, stringendogli la mano. Bambini in Pakistan vaccinati contro la poliomielite. La commissaria europea per gli affari esteri visita un campo profughi sul confine rumeno-ucraino. Xi Jinping inaugura il Congresso del Partito Comunista cinese nella Grande Sala del Popolo di Pechino. Proteste femministe in Cile. Le atlete del pentathlon a Belgrado, Serbia.
Ci provavo per un po’. «Guarda che bella questa foto». «Pazzesco, vero?». «È incredibile. Allucinante. Terribile». Poi il suo sguardo si perdeva da qualche parte per aria. Ma come si fa a spiegare il mondo a un socotrano?
Ricordo una delle prime sere che ero tornata. Parlavamo, al buio, sulla spiaggia di Arher, vicino al fuoco. Era uno di quei momenti in cui si toccavano discorsi esistenziali, complice la luce malinconica della luna, le ombre lunghe e i bagliori arancioni del fuoco, le corde interiori che vibrano forte per essere tornata, di nuovo, su quell’isola incantata. Gli avevo chiesto un’opinione su qualcosa che neanche ricordo. Ero seria. Adnan aveva sbuffato.
«Ele, come on! You know I’m just a socotri man»
Che stupida. Socotra ha da insegnarmi anche su come dovrei comportarmi con lei. Dopo un po’ però l’avevo capito, e cercavo di aggiustare il tiro di settimana in settimana. Ai bambini che mi chiedevano da dove venissi, rispondevo sempre Italia, Oroba. O a volte, quando vedevo facce smarrite, dicevo semplicemente Oroba, Europa. Un luogo mentale, più che geografico, che suonava familiare a tutti. Anche alle donne, ai bambini. «Aaah! Oroba, Oroba!». Una volta in gruppo con me c’era una canadese. «Digli anche da dove vengo io», mi chiede.
«Jenny min Amerika», dico. Si solleva un coro di «Aaaaah!».
La canadese si offende seriamente. Ma come! Lo sai che non sono americana, Canada e Stati Uniti sono due paesi completamente diversi!
Le rispondo onestamente esasperata. «Jenny, ho appena detto che vengo dall’Europa. In Europa ci sono tipo 50 paesi. Secondo te questi bambini sanno dov’è il Canada? Ho detto che vieni dal continente Amerika. Possiamo farcela andar bene così?»
Non sono solo loro, siamo anche noi. Siamo soprattutto noi. Alle volte vorrei provare a spiegare il mondo, o magari anche solo la mia vita, a qualcuno che nel mondo fuori dalla sua isola non c’è mai stato. Che non ha genuinamente idea. Che si ferma alla comprensione che abbiamo una cultura diversa, e che da noi è tutto diverso, e stop. Quando avevo chiesto ad Adnan cosa la gente a Socotra pensasse di noi, dei franghi, aveva esitato un po’, ma poi mi aveva detto:
«They think your life is so beautiful».
Avevo sorriso con tanta amarezza. Forse sono loro che devono spiegare il mondo a me.
Prossimi eventi
In breve:
5 giugno ore 15.00 «Russia e Ucraina a Roma». 40€. Tornate prima dal mare e non perdetevi questa passeggiata disegnata a cuore aperto da me e Alessandra Fiandra di Vie di Fuga, slavista e guida ambientale. Andremo a cercare la luce del Mar Nero, il succo dei pomodori rosa grandi come mele, i semi di girasole e le cupole a cipolla come se su quelle terre regnasse una pace bellissima. Vi aspettiamo a braccia aperte. Iscrivetevi o consigliatelo!
18 giugno io e Angelo parliamo di Cemento al Circolo Guernelli di Bologna. Sarà bello e divertente, se siete in zona passate a salutarci! Non sappiamo ancora bene l’orario (credo sarà alla sera).
Il 9 e 10 luglio organizzerò un weekend in Val Grande con una guida ufficiale del parco. Sarà un itinerario completamente diverso da quello dell’anno scorso e la solita immersione nelle profondità del bosco, lontana da connessione, luci della città, frastuono, folle. Ho ancora bisogno di qualche giorno per studiare bene il tutto e poi preparerò evento e iscrizioni. Se siete sul gruppo Telegram trovate tutto lì.
Prossimi viaggi
Per ora sono previsti i due viaggi in Georgia di luglio e agosto. Sto meditando di fare un’Armenia a settembre, ma tutto dipende da altri grandi progetti a cui potrei dover lavorare. Da quando sono tornata in Italia, mi sento investita da una cascata senza fine di disorganizzazioni, ritardi, promesse non mantenute, cose fatte all’ultimo e male. Scusatemi, è difficile.
Ci sono ancora gli ultimi posti per il viaggio in Georgia del 24 luglio - 3 agosto. Vi assicuro che è bellissimo. Attraversa zone dove gli stranieri non finiscono neanche per sbaglio e racconta un paese completamente diverso dalle narrative classiche, e un po’ piatte, che francamente mi hanno stancata. Vi aspetto.
Il viaggio del 7-17 agosto è andato sold out in poche ore. Se vi va, potete iscrivervi in lista d’attesa in caso in cui qualcuno cancelli.
Consigli stravolti
Finalmente con un po’ più di calma forzata dalla caviglia distorta, ho avuto tempo di leggere, approfondire un po’ di più, rimettere mano al sito, e ho tante cose diverse da consigliarvi.
Mentre ero a Socotra Matteo Zola, fondatore di EastJournal, mi aveva mandato il suo ultimo (brevissimo) libro Interno Pankisi. Nel Caucaso, dietro la trincea del fondamentalismo islamico. Ho iniziato a leggerlo nel cuore della notte e non sono più riuscita a smettere. È sintetico ma non manca un colpo e finalmente racconta il Pankisi in maniera onesta e non superficiale. Un ottimo punto di partenza se intendete visitarlo, o anche solo se siete curios*.
Ho anche aggiornato la sezione Balcani e quella Caucaso del sito. Trovate tantissimi articoli aggiornati, perché le cose negli ultimi due anni sono cambiate drasticamente anche da quelle parti. Uno degli ultimi risistemati è quello sui libri da leggere sulla Georgia.
L’ultimo articolo pubblicato su alcuni quartieri di Atene invece è scritto da Riccardo Campanella, amico e grande viaggiatore conosciuto qualche anno fa prima che partisse per il Pamir. Riccardo si cuce i viaggi su misura, e va a scandagliare zone davvero mai sentite con grande attenzione, cura e curiosità. Ha un nuovo sito pieno di storie che si chiama giustamente Terre mai viste prima. Andate a dare un occhio, sarà una bella sorpresa.
Meridiano13 è una figata. Il loro progetto è sempre più bello e incisivo, e visto che siamo in periodo dichiarazione dei redditi, potete valutare di devolvere a loro il 5x1000. Fanno davvero un gran lavoro. Di loro ho letto di recente (santa newsletter) di Eurovision e di punk siberiano degli anni ‘90.
Sulla politica dell’Eurovision ho sentito questo breve e interessantissimo intervento su Radio Popolare. Ci sono regole non scritte, equilibri diplomatici delicatissimi e soft power anche in uno show apparentemente solo musicale come l’Eurovision, che ho seguito con grandissimo interesse. Stra consigliato, recuperatelo.
Su Amazon prime in italiano c’è “Di là dal fiume” (2009), un film del regista georgiano Giorgi Olashvili. Il doppiaggio italiano è tremendo, ma vista la scarsità di film georgiani in circolazione non ci si lamenta. La storia è molto dura e bella, e racconta di un bimbo rifugiato della guerra d’Abcasia che, dopo sette anni vissuti in una baracca in riva al mare di Tbilisi, decide di partire per Tkvarcheli, il suo paese abcaso distrutto dalla guerra, alla ricerca del padre. Film drammatico e commovente, che racconta una Georgia criminale e allo sbando, che (quasi) non esiste più, ma risuona di molte altre storie postsovietiche di quegli anni e dei (tristemente) giorni nostri. Mi ha ricordato alcuni sprazzi del primissimo viaggio caucasico del 2015, dove avevamo percorso la frontiera sull’Ingur e le stesse terre. Ho riaggiornato l’articolo sull’Abcasia che avevo scritto allora.
Grazie ai diari russi su doppiozero dello storico Giovanni Savino ho scoperto, poche ore prima di leggerne su Meridiano13, l’incredibile patrimonio musicale punk lo-fi lasciato dai Grazhdanskaya Oborona (“guardia civile”). Conoscevo già alcune canzoni, ma non so come non avevo mai incrociato la loro orbita coscientemente. Magari li conoscevate già (sono famosissimi), ma io cadevo dal pero. È stata un’immersione dolceamara in una Russia che non esiste più, e che forse non esisterà mai più, o, anzi, verrà cancellata per sempre.
La storia dell’evasione dai domiciliari e poi dalla Russia di Mariya Alyokhina delle Pussy Riot, che si è travestita da rider grazie ai vestiti online ordinati dalla sua fidanzata, mi ha fatto sorridere e mi ha ridato un briciolo di speranza. Ha tenuto un concerto a Berlino che dev’essere stato pazzesco. La prossima data sarà ad Amsterdam.
Per oggi è tutto.
A presto e grazie,
Eleonora