☀️Di storie dal tetto del mondo e dei prossimi tour estivi
Le iscrizioni aprono lunedì 5/2 alle 19.00. Vi aspettiamo!
Ciao!
Questa è Pain de Route, cioè pan di via, la newsletter più imprevedibile dell’Est. Di Eleonora Sacco, che poi sarei io.
Questo è lo spazio dove provo ad arrotolare i fili ingarbugliati di una vita senza copione, annuncio in anteprima gli eventi e i viaggi di gruppo e raccolgo qualche consiglio di ascolto e lettura. Esce quando deve uscire.
In questa mail trovi un piccolo racconto dal Pamir, di memorie ricucite un po’ insieme dopo tanti anni, l’annuncio dell’apertura iscrizioni dei tour estivi Kukushka il 5/2 alle 19.00, qualche prossimo evento (tra cui una piccola presentazione dei tour a Milano il 6/2) e una lunga lista di consigli di lettura, ascolto e pure un film.
A presto,
Eleonora
Dal tetto del mondo
Avevo mentito alla mia relatrice e al posto di stare a correggere la tesi, a un mese e mezzo dalla laurea magistrale, ero partita per il Pamir, rispondendole alle mail come se fossi chiusa in una biblioteca dell’Università di Pavia.
Lasciato il Tagikistan vero e proprio, e superati i primi controlli per la GBAO, il telefono aveva smesso di funzionare. Il governo già allora spegneva internet per mesi, o lo rendeva talmente lento da rendere impossibile qualsiasi comunicazione normale. L’ultima mail era partita da Dushanbe, poi basta. Mi ero presentata alle 6 di mattina alla stazione delle jeep per sceglierne una non troppo scassata e partire per le prime, lunghissime 14 ore di viaggio per Khorog. Da quel momento, la mia vita avrebbe avuto molto semplicemente un prima e un dopo. Gulya ci aveva trovato un appoggio dalla sua amica Mushtari, tornata in Pamir per sposarsi dopo aver studiato relazioni internazionali ad Almaty, in Kazakistan. Da lì avevamo proseguito lungo la frontiera afghana, fino a Ishkashim, dove avremmo potuto pagare 200$ a una guardia di frontiera per andare di là, ma avevamo scelto di non farlo. Oggi non sarebbe più così semplice, dopo i talebani e tutto quello che è successo. Poi, i villaggi avevano iniziato a scomparire da GoogleMaps e a esistere solo nella geografia personale degli abitanti del posto, o sulle mappe tedesche cartacee - precisissime, fondamentali - che mi ero portata. Udit, Boibar, Darshay, Shitkharv, Yamg, Vnukhut. Camminavamo su buche e asfalto, i contadini ci vedevano da lontano e venivano a bordo strada a salutarci con una mano sul cuore. La valle di Wakhan era così. Filari di pioppi ingialliti a inizio ottobre - un albero così antropico e che sa proprio di campagne di riforestazione sovietiche -, fortezze diroccate, le montagne più belle che avessi mai visto nella mia vita, le prime case pamiri dove entrare a mangiare ceci secchi e bere tè, perché non si rifiuta un invito. Ogni casa, un santuario in legno e fango costruito dalle braccia di un contadino, marchiate per sempre Pomir dall’ago tremolante dei suoi compagni del militare.
Poi, su un taxi notturno diretto a dove andava il taxi, senza piani e sperando di trovare un posto dove dormire, avevamo conosciuto Nizuma. Poche parole, poche frasi, ed eravamo già invitati ospiti da lei. Lasciamo l’asfalto all’altezza di Vnukhut e la seguiamo svicolare tra muretti di fango e canali di scolo nel buio più totale, lungo stradine che si arrampicano su un pendio della montagna. Si muove come a occhi chiusi, intuendo gli ostacoli come un gatto. Salta il fosso. Gira a destra. Il sentiero diventa un torrente. Supera quattro cancelli. In fondo, c’era la minuscola lucina della casa dei suoceri, dove lei, come ogni sposa, si era trasferita a vivere con la famiglia, mentre il marito era a lavorare in Russia da due anni, a Surgut, in Siberia. Un posto lontano da tutto e tutti, gelido, 700km di foresta impenetrabile a nord di Omsk.
Gli anziani nonni ci accolgono come amici di lunga data. L’ingresso in casa è minuscolo, il nonno dondola una culla di legno grezzo con dentro un bebè, la nonna lava i piatti in una tinozza fuori casa, all’ingresso, accovacciata per terra. Nella stanza centrale di una casa pamiri abbondano i tappeti, ci sono cinque colonne come le cinque figure chiave dell’Islam nizarita, ripiani rialzati in legno, il forno incassato in uno di questi a fungere come stufa per l’intera casa. Uno dei tappeti ritrae la gigantografia di un viso che da quel momento in poi ci sarebbe diventato sempre più familiare. La scritta, in basso, recitava Aga Khan.
«Mia sorella si è sposata con un uomo di Murghab. Ha dovuto lasciare la valle, ma è tanto triste là. Non crescono alberi, a Murghab, non ce n’è neanche uno». Murghab si trova a 3600m, verso il confine cinese.
Nizuma vuole praticare l’inglese che ha studiato, ci chiede tutto di noi, ci srotola piccoli materassi imbottiti dove possiamo accoccolarci un po’, al riparo dall’aria pungente delle notti di ottobre a 2.600m. L’ospite in Wakhan è un dono di Allah, più santo dei santi. Non è strano invitare due sconosciuti a dormire in una casa grande e fredda, che non è davvero tua e non lo sarà mai, quando a Vnukhut c’è poco da fare, sul primo autunno, e tuo marito è a Surgut da anni e chissà quando tornerà. Prima di seppellirci dentro i sacchi a pelo, chiedo a Nizuma se c’è un bagno. Lei sussurra qualcosa alla nonna, che mi prende per mano e mi accompagna in giardino, nel gelo terso della notte. Il bagno a casa di Nizuma era un angolo del giardino separato da un muretto basso, senza buchi o gabbiotti di legno, ma solo un rastrello e un mucchietto verso cui spostare le cose. La nonna non mi lascia la mano, la stringe forte e mi sorride nel buio - la luce flebile della lampadina all’ingresso le illumina le rughe profonde, il naso lungo, un dente d’oro. Alza leggermente i lembi della tunica, si accovaccia - mi fa capire che devo fare così anch’io. È fredda e buia la notte nel Pamir. Le stelle, sopra di noi, sono migliaia.
…
Al posto di blocco una camicia azzurra
Mi chiede se in Italia queste ce le abbiamo
Ma queste cosa, gli chiedo
Lui indica piano
Le montagne
Quello per cui sono venuta
Che mi commuove a ogni valle
Sì, gli rispondo, ce le abbiamo anche noi
E com’è la natura?
È tanto verde, gli dico, proprio così verde
E mentre lo dico
Mi si stringe il petto
Il poliziotto ha gli occhi più tristi
Che abbia mai visto
Come il fiume Panj
Pieno di polvere
Do svidaniya
È un sussurro
Un saluto e un augurio
In una lingua di gelo e taigà
Che avvicina e ci aliena
Come il fiume e gli afghani
Le loro case di terra, le motociclette
I muli e i tendoni umanitari
Tutti bagliori
Su un muro nero
E intoccabile
Pamir, ottobre 2018
Tour estivi: iscrizioni da lunedì 5/2 alle 19.00
I tour estivi, se vi interessa, aprono lunedì alle 19.00 sul sito di kukushkatours.it
I quattro tour primaverili sono tutti e quattro confermati (Armenia, Georgia orientale, Uzbekistan e Turkmenistan) e ci sono gli ultimissimi posti liberi, tranne per l’Armenia che è sold out e con lista d’attesa. Nel tour in Turkmenistan sarà nostro ospite Mattia Salvia, fondatore del progetto editoriale Iconografie. Rivista sullo spirito del tempo.
Quest’estate abbiamo voluto pensare un po’ in grande: ci sarà tanta Asia Centrale, ripensata e ricalibrata dopo i lunghi viaggi dell’anno scorso, un po’ di Caucaso e (finalmente!) la novità dei Balcani, con due tour guidati dalla traduttrice e interprete Giorgia Spadoni.
Bulgaria e Macedonia del Nord, con Giorgia Spadoni, 24 maggio - 4 giugno, 1690€
Georgia occidentale, con me, 28 luglio - 10 agosto, 1990€
Serbia e Bosnia, con Giorgia Spadoni, 1 - 11 agosto, 1790€
Kazakistan e Kirghizistan, con Tommaso Aguzzi, 9 - 19 agosto, 2090€
Pamir highway, con me, 16 - 27 agosto, 2490€
Uzbekistan e Tagikistan, con Massimiliano Macrì, 23 agosto - 3 settembre, 1750€
Moldova e Transnistria, con Gianluca Pardelli, 22 - 27 settembre, 1290€
Vi aspettiamo ♥
Prossimi eventi
3-4 febbraio, laboratorio di podcasting a Verona e talk questa sera alle 20.30. Si accede con abbonamento a Salmon o con contributo di 3€.
6 febbraio, ore 18.00, presento i tour estivi o quel che rimane di loro da TeaCup, in via Caminadella 18 a Milano (M2 Sant’Ambrogio), una piccola sala da tè creativa, gestita da Lavinia Stefanini, che ha viaggiato con noi in Georgia nel 2022 (e ha anche tè georgiani!). TeaCup ha recentemente subito un grave furto con scasso e ha avviato una campagna GoFundMe per sostenere il costo della nuova serranda. Ingresso libero, ma prenotate scrivendo a Lavinia sulla sua pagina Instagram, ci sono solo 15 posti.
8 febbraio, ore 18.30, Sala Stampa Nazionale in via Cordusio, 4 a Milano. Un amico fotogiornalista, Eugenio Grosso, presenta Nergiz, raccolta di racconti dal Kurdistan (Villaggio Maori Edizioni), il ‘paese che non c’è’, i cui abitanti vivono da sempre oltreconfine, per la natura stessa del Kurdistan. Storie di guerriglieri, di funerali di martiri, di bombardamenti e villaggi fantasma, tra Iran, Iraq, Siria e Turchia. Io ci sarò, vi aspetto lì. Ingresso libero
Consigli stravolti
In questo lungo e inquinato mese di gennaio ho praticamente lavorato tantissimo e basta, ma sono riuscita anche ad ascoltare molti podcast, vedere un film e a leggere un po’. Qui i miei consigli stravolti, come sempre.
🍿Kissing Gorbaciov, di Andrea Paco Mariani e Luigi D'Alife. Sono finalmente riuscita a intercettare una delle molte proiezioni indipendenti sparse per l’Italia. Dopo la mostra dei CCCP questo documentario è la ciliegina sulla torta. Non sono riuscita a trattenermi dal cantare un po’, dal ridere e dal sobbalzare quando ho visto vecchi video con anche Viktor Tsoi e Boris Grebenshchikov. Storia incredibile, da Melpignano a Mosca e ritorno, con la sala piena. Chapeau.
🎧 Pyongyang Blues, di Carla Vitantonio. Scopro a distanza di qualche anno questo podcast semplicemente pazzesco. Carla Vitantonio all’improvviso decide di trasferirsi in Corea del Nord per insegnare italiano, poi rimane altri due anni lavorando come cooperante per una ONG. Nel frattempo, non succede niente e succede di tutto contemporaneamente, che credo sia un buon riassunto della Corea del Nord. Registrato con mezzi di fortuna, scritto e raccontato veramente bene, perché c’era effettivamente qualcosa da raccontare. Dritto dritto tra i podcast preferiti.
🎧 Sempre dopo cent’anni rispetto al resto del mondo, ho ascoltato La città dei vivi di Nicola Lagioia. Davvero molto bello, mi ha assorbita e ho dovuto ascoltarlo in un’immersione profondissima da cui non riuscivo a staccarmi. Ha un che di esistenziale, universale, antropologico. Niente morbosità o gusto per la tragedia fine a se stessa che hanno alcuni true crime.
🎧 Due volte che sono morto di Paolo Nori. Dopo il primo impatto con la cantilena parmigiana di Nori, il podcast scorre via come una barchetta trasportata dal fiume, attraverso vicende che hanno dell’incredibile. Molto intimo e onesto, bello.
🎧 L’invasione, di Luca Misculin e Riccardo Ginevra. Molto coinvolgente e fatto bene, mi ha aggiornato tante informazioni che avevo studiato all’università e dato una prospettiva più ampia, non solo linguistica ma anche antropologica, archeologica, storica.
🎧 Bellissimo il primo episodio (aspettiamo il secondo) di racconto di viaggio dalle remote isole Bijagos, in Guinea-Bissau, di Crissina Cassese, antropologa e autrice di Nomadismo Professionale. Ogni tanto mi risento a ruota qualche episodio per darmi una spolverata di antropo-realtà, il modo più onesto e rasserenante di vedere la realtà che ci circonda.
🎧 Quando avevo voglia di sentire cose per una volta un po’ più leggere, mi sono fatta trasportare dal devastante accento sardo di Manuela, in arte Manume, di Mitologia Gettata. Ho attinto a piene mani dalla sua parlantina pazzesca per arricchire il mio slang italiano.
📖 Ripreso dopo averlo mollato a un terzo nel 2020, in concomitanza con la devastante morte dello starec Zosima, nel 2024 ho ripreso all’improvviso e finito in una ventina di giorni di lettura intensiva I Fratelli Karamazov. Ora il problema è che non solo mi sento orfana, ma mi sembra che tutto il resto quasi non abbia sapore. È stata un’immersione intensissima e bellissima. Devo trovare un altro mattone su cui consolare le lacrime.
📖 Ho quasi finito Marco Polo di Viktor Šklovskij, regalo graditissimo e ovviamente caduto a pennello della poeta Sofia Guerra. Pubblicato in URSS nel 1936 come Zemli razvedčik: istoričeskaja povest, cioè ‘Esploratore della Terra: racconto storico’, in italiano tradotto solo come Marco Polo. A pagina 54 Šklovskij scrive: «Per Kubilay l’Europa era il margine della terra, povera e di scarso interesse. A Samarcanda egli aveva osservatori propri, gli uomini osservavano le stelle e prevedevano le eclissi solari. L’Europa era dunque lontana e relativamente poco interessante». È un po’ come se ora miti, leggende, impervie vallate e floride città cinesi, commerci di migliaia di anni, lunghi ritorni in nave e fatti storici avessero un senso più schietto, più asciutto, più in prospettiva. Senza scalfire quel senso di grandiosità intrinseca che la Via della Seta ha e avrà sempre.
📖 Utopia mi ha fatto una sorpresa e mi ha recapitato Muschio Bianco di Anna Nerkagi, il secondo libro tradotto in italiano da Nadia Cicognini della scrittrice nenec, un popolo nomade allevatore di renne della Siberia settentrionale. Aniko, il suo primo romanzo edito da Utopia, mi era piaciuto moltissimo. Mi butto su Muschio Bianco appena finisco Marco Polo.
🎶 Questa settimana sono andata a un incontro e a un concerto. L’incontro era alla Triennale con il fondatore di Majazz, Mo’min Swaitat, un progetto-archivio che ha raccolto centinaia di cassette e registrazioni palestinesi per salvaguardare il patrimonio intangibile che contengono, dagli anni ‘60, ‘70, ‘80 e ‘90. Idea geniale, come una boa che fluttua nell’oceano, con l’abisso sotto.
🎶Il concerto era di Ya Tosiba, un duo azero-finlandese che mescola musica elettronica scandinava a testi popolari azeri frivoli, raccolti nell’ambito della tesi magistrale di Zuzu Zakaria, artista azero-norvegese, nei sobborghi di Baku. La tradizione popolare ha radici persiane. Si chiama meykhana ed è parte delle tradizioni nuziali. La voce di Zuzu Zakaria è ipnotica, conturbante. Il nome dell’EP ASAP inşallah è geniale. Sia Majazz sia Club Mondo sono organizzati dalla Chullu Agency, che fa cose super interessanti a Milano.
Per oggi è tutto!
Alla prossima,
Eleonora