⛺Il sottile strato tra me e le cose. Di granelli di sabbia, tende, treni e Val Grande a ottobre
Molti festival all'orizzonte e un weekend in Val Grande il 14-15 ottobre
Ciao!
Questa è Pain de Route, cioè pan di via, la newsletter più imprevedibile dell’Est. Di Eleonora Sacco, che poi sarei io.
Benvenute a tutte le nuove persone arrivate quest’estate (siamo quasi tremilacento ormai!): questo è lo spazio dove provo ad arrotolare i fili ingarbugliati di una vita senza copione, annuncio in anteprima gli eventi e i viaggi di gruppo e raccolgo qualche consiglio di ascolto e lettura. Esce quando deve uscire.
Quando mi sento sopraffatta dagli eventi, penso a come mi sento quando dormo in tenda. O come quando dormo su un treno a lunga percorrenza che taglia territori sconfinati. Quando cioè tra me e il mondo circostante c’è solo un sottile strato che fra trapelare l’ambiente esterno mentre io mi lascio scivolare in quel meraviglioso stato di abbandono che è il sonno.
Prima di continuare, una comunicazione di servizio: l’unico evento che proporrò questo autunno sarà un altro weekend in Val Grande con notte in bivacco, il 14 e 15 ottobre, con la guida parco Pietro Beretta. Info più sotto.
Una capocchia di spillo
In una casa della cultura in Moldova, dopo essere stati costretti a indossare gli abiti tradizionali moldavi. Come potete vedere, c’è stato molto poco potere decisionale. Con Stefano, Irene, Angelo e Matteo
In tenda o in treno o all’addiaccio non si dorme bene come tra quattro mura, ma alla fine è proprio questo il punto: ricordarci quanto fragili siamo. La polvere del deserto che entra dal finestrino, soffoca e impasta i capelli, una frenata improvvisa in stazione e i colpi costanti delle rotaie che si interrompono; la schiera di cicale assordanti, i gorgheggi degli uccelli notturni, i cinghiali che fiutano il cibo in tenda, un cavallo che nitrisce all’improvviso. I passi pesanti e cadenzati di un pastore caucasico, che sembra un orso bruno. Un boato che arriva da lontano e che fa il rumore di un terremoto, quando tornano in venti a Socotra - il cuore mi sale in gola, mi si mozza il respiro. O ancora la luce della luna piena, un faro puntato contro la tenda che getta ombre scure, proprio come un sole pallido. Uno scroscio d’acqua improvviso che suona come un’alluvione che sommerge. Il vento che spazza via la tenda. I brividi di freddo, il sudore sulle tempie, l’aria che manca dal caldo, la voce del provodnik del vagone che chiede le lenzuola già un’ora prima dell’arrivo a Tashkent. Non sono neanche le cinque e già urla come se fosse mezzogiorno, svegliandoti di soprassalto. «Postel’ postel’, dajte postel’»
Quando non c’è più niente a difendermi, nessun filtro tra il mio rivestimento di pelle più superficiale e il mondo esterno, mi ricordo di quello che in fondo sono - tolti tutti gli strati, tolto anche l’ultimo di bugie a se stessi. Sono un piccolo, insignificante, mediocre granello di sabbia confuso tra milioni di miliardi di granelli che roteano in una tromba d’aria. Non sono io a decidere la direzione in cui si andrà: va bene così. Se farà vento, pioggia, neve, caldo, sole: va bene comunque vada, mi adeguerò. Se la pioggia vuole bagnarmi: va bene, batterò un po’ i denti e poi mi asciugherò. Se un cinghiale vuole annusarmi, che lo faccia: farò finta di dormire anche se il cuore mi batterà all’impazzata, lui forse lo percepirà, ma farà finta di credere che io dorma davvero e piano piano se ne andrà.
Quando credo che il cuore non ce la faccia più a battere così forte per lo spavento, quando credo che si fermi una volta per tutte, penso a quanto è piccola la mia paura nell’universo. Esiste, è reale, ma sta lì, grande come una capocchia di spillo in mezzo al fluire degli eventi, alla vastità delle cose.
Sentirsi parte di un tutto più grande è un rifugio mentale che ridimensiona ogni cosa intorno, soprattutto quelle brutte - gli abusi di potere, i deliri di onnipotenza, la violenza sistemica, crimini e torture, i genocidi, le bugie e manipolazioni di massa, lo sfruttamento, le guerre di conquista. Sono capocchie di spillo. Sono capocchie di spillo i dittatori e i loro regimi criminosi, i loro nomi sono capocchie di spillo che si perderanno in una tempesta di sabbia, sommersi da miliardi di altri granelli.
Sono tornata da due mesi di peregrinazioni e avventure a Est, dal Caucaso all’Asia Centrale fino a Moldova e Transnistria ed ero piena di entusiasmo, ritrovato senso del viaggio, traboccante di affetto, incontri, persone meravigliose e cose incredibili accadute e scambi e turbinii di emozioni, quando l’Est ha subito un ennesimo scossone, che si somma al dolore fisso e permanente per l’Ucraina devastata.
Il Nagorno Karabakh ha smesso di esistere l’altroieri. Un’operazione anti-terrorismo che ha il retrogusto amaro dell’operazione speciale del 24 febbraio ha costretto le autorità armene della repubblica non riconosciuta di Artsakh ad arrendersi all’esercito azero che riconquistava dopo trent’anni quei territori bombardando, come ha sempre fatto negli ultimi tre anni, i civili. Che sono, da oltre nove mesi, circondati e senza cibo, medicine, beni di prima necessità e ora anche acqua ed elettricità, senza un posto sicuro dove scappare. Le notizie che arrivano sono sempre meno perché anche chi riportava notizie da lì ora ha il cellulare scarico.
Quello a cui assisteremo nelle prossime ore è l’ennesima pulizia etnica a ventotto anni da Srebrenica, quando ci eravamo detti che non sarebbe successo mai più, che la guerra in Europa non sarebbe mai più tornata. Se mi tocca così tanto questa situazione è perché è diretta responsabilità dell’opportunismo della nostra politica, europea ma anche e soprattutto italiana, e della nostra dipendenza da dittature guerrafondaie per l’approvvigionamento di gas e petrolio.
Avevo davvero tante cose da raccontarvi, ma in questi giorni ha tutto un po’ meno senso e mi sento più un granello sballottato che mai. Cerco di ricordarmi che sono polvere anche loro, che verranno spazzati via come tutti.
Questi ultimi giorni sono però stati anche squarciati da grandi aree di luce su un fondale scuro. Il viaggio in Moldova (in cui c’era anche Angelo Zinna) è stato una specie di trip psichedelico contrassegnato dall’affetto volitivo a forma di tenaglia delle persone che abbiamo incontrato, che in certi casi ci hanno letteralmente sequestrati per sommergerci di musica, storie, regali, parole di una dolcezza irripetibile. Abbiamo fatto piantini di commozione, quasi tutti i giorni. Hanno pianto anche loro. Abbiamo sognato ascoltando la fisarmonica, guardando le geometrie perfette delle danze popolari, abbiamo cantato Bella ciao con accento moldavo, abbracciato, mangiato, riso tantissimo. È bastato letteralmente così poco per stare così tanto bene: persone, sguardi, nessuno strato inutile tra noi e loro.
A volte ho quasi la sensazione che le persone che incontro in viaggio siano come dei personaggi che fanno parte di un copione teatrale, con frasi specifiche da dirmi per un momento preciso, che si epifanizza con regia perfetta. O forse sono solo persone che hanno dentro quel senso d’eternità, quel tornado di granelli di sabbia che sento anch’io, che per qualche motivo gli affiora sulle labbra, all’improvviso.
Cresce, cresce fitto il grano
Cresce il cotone
Scorre l’acqua in rivoli d’oro, scorre finché c’è
«Non diciamoci addio, perché ci rivedremo ancora»
«Nora, elbeb shker», Nora cuore bello.
«Elja, è destino»
«Mi ricorderò dei vostri visi. Non posso dimenticarli»
«Ital’janskaja delegacija - siamo onorati che abbiate visitato la nostra città»
Una così grande generosità di affetti stride violentemente con la meschinità e i crimini dei governi di molti dei paesi che visito. Questa cosa non mi dà pace e non trova una spiegazione. La cerco da anni, non ho nessuna risposta. Condanna il basso continuo dell’ingiustizia a fare da sottofondo ogni cosa, a darle una punta di tristezza che affiora qui e lì.
Mi ricorda anche però che non ci avranno mai. E che non saremo mai come loro.
Torniamo in Val Grande
Il 14 e 15 ottobre torniamo in Val Grande, questa volta accedendo da Ovest e andando a dormire al caro vecchio bivacco di In La Piana: una radura dove pascolano i caprioli sul limitare della riserva integrale del parco, la vasta area dove nessun uomano può più mettere piede all’infuori dei forestali e dei ricercatori. Dormire a In La Piana vuol dire fare il pieno di stelle, pozze d’acqua gelida, boschi autunnali, buio vero lontano dalla civiltà. Come gli altri percorsi in Val Grande che abbiamo proposto in passato è un mix di creste maestose, fitte faggete e pascoli d’alta quota, dedicato ai vuoti e ai silenzi dell’area completamente selvaggia più grande d’Italia, a un’ora e mezza di auto da Milano. La coesione e la socialità che si crea in un weekend intero lontano da internet è sempre magica. Ti aspettiamo!
Nei pressi di Premosello-Chiovenda, tra l’altro, c’è anche l’unica coltivazione di tè d’Italia, sul limitare del Parco Val Grande. Dicevo solo così per dire, mi trovate già fissa lì 🍵 :)
Con la guida sapiente di Pietro Beretta, guida ufficiale parco Val Grande. Costa 110€, tre pasti painderoutiani (semplici, in condivisione, preparati insieme) inclusi.
Programma e iscrizione qui
Cose future
Un traghettatore di chiatta sul fiume Nistro/Dnestr, in Transnistria, Moldova. Settembre 2023
Ci vediamo martedì 26 settembre al Baba Jaga Fest delle Industrie Fluviali, a Roma, a presentare ancora una volta Kult. Dalle 18.30 alle 20.00, l’evento è quasi sold out, bisogna prenotarsi gratuitamente per accedere.
Il nostro workshop di podcasting indipendente al Festival di Internazionale a Ferrara (29-30-1/10) è andato sold out settimane fa e c’è una lista d’attesa. Se volete potete comunque iscrivervi in caso qualcuno cancelli.
Rimane però la presentazione di Kult nell’ambito della rassegna Mondoascolti sabato 30 settembre ore 16.45: si entra gratis solo con tagliando, che dovete ritirare di persona la mattina stessa dell’evento a Ferrara (se ci tenete vi consiglio di mettervi in coda presto perché l’ultima volta era andato sold out subito).
Sabato 7 ottobre sono a Genova a BookPride. Ci chiederemo se Viaggiare fa male? con Emanuele Crovetto e Edoardo Testa alle ore 15.30 in Sala Camino.
Il 14 e 15 ottobre torniamo in Val Grande con la guida ufficiale parco Pietro Beretta, questa volta entrando da Colloro e raggiungendo la radura magica di In La Piana, circondata da montagne boscose e scure, senza una luce intorno.
Dal 17 ottobre al 10 novembre torno a Socotra. Lavorerò due settimane per WTS e poi avrò dieci giorni liberi per me, che dedicherò a zone remote dell’isola.
Il 25 novembre sarò ospite dalle 19 alle 21 all’associazione Nuovo Cuneo, a Cuneo (dove non sono mai stata!), a raccontare di montagne dell’Est, dal Caucaso all’Asia Centrale, mentre si può fare un aperitivo.
Questo autunno e inverno lavoreremo con Soviet Tours ai tour del 2024: ci saranno Armenia, Georgia, Libano (!) e ancora un po’ di Asia Centrale. Le novità arrivano sempre prima qui e su Telegram.
Consigli stravolti
✍️Ho scritto un nuovo articolo per il sito, su dieci architetture moderniste di Tbilisi - ce l’avevo in caldo da mesi, ma non ero sicura se pubblicarlo o meno. Alcuni edifici sono case abitate da persone normali e non dovrebbero mai diventare meta di turismo di massa. Allo stesso tempo, però, è importante che le autorità georgiane si rendano conto che questi edifici sono un patrimonio da preservare per il loro straordinario valore artistico e architettonico e non qualcosa di cui vergognarsi o da demolire. Forse il turismo potrà aiutarne la conservazione?
✍️Ho rivisto, aggiornato e risistemato le foto di vecchi articoli del blog che erano lì a prendere la polvere. Potete rileggere di Transnistria, Bishkek, Yerevan, Baku, Tbilisi, Asia Centrale con informazioni aggiornate a settembre 2023.
🎧Ho iniziato ad ascoltare La congiura del silenzio, un podcast di RaiPlaySound dedicato al caso Antonio Russo, il radicale giornalista ucciso e probabilmente torturato nell’ottobre 2000 fuori Tbilisi, mentre indagava sui crimini di guerra compiuti dalle forze russe in Cecenia. È fatto molto bene e di Antonio Russo avevamo parlato in un approfondimento audio di Cemento Armato alla puntata sulla valle di Pankisi, destinato a chi ci sosteneva con la newsletter premium (che è sempre acquistabile). Antonio Russo è stato uno dei giornalisti più coraggiosi e onesti che l’Italia abbia mai avuto, ma la sua storia è purtroppo caduta nel dimenticatoio. Triste infinitamente che 23 anni dopo gli stessi crimini di guerra i soldati russi continuino a compierli in Ucraina, e li lascino compiere ai soldati azeri in Nagorno Karabakh.
🎧Ho recuperato un po’ di puntate arretrate del podcast del prof. Barbero curato da Fabrizio Mele: interessante la conferenza sulla storia di Quintino Sella, fondatore del CAI, pazzesca quella su Anna Achmatova ma ancora di più quella (ormai vecchia, me l’ero persa), su Richard Sorge a Tokyo, forse la più grande e famosa spia del Novecento.
📖Sto leggendo, per svagarmi dalle mie solite aree, Vicoli della memoria di Conceição Evaristo, autrice brasiliana afrodiscendente di grande fama in Brasile. Il libro è molto carino, ma di Sud America so ancora troppo poco per apprezzarlo appieno, anche se anni fa parlavo bene il portoghese.
Per oggi è tutto!
Vi mando un abbraccio e a presto,
Eleonora
Scrivi benissimo, è un piacere leggere i tuoi pensieri e le tuo opinioni. Anche io a volte mi sento un granello. Grazie per condividere ciò che senti, spero di poterti stringere la mano un giorno.
Alessandra
Che bello ritrovarti qui ❤️❤️