🌻Storie dall'Est. L'ultima mail prima dell'estate e un regalino per voi
Nostalgie estive, mondi che si sgretolano tra le mani, e di come venirne a capo
Ciao!
Questa è Pain de Route, la newsletter più imprevedibile dell’Est, di Eleonora Sacco, che poi sarei io.
Vi scrivo l’ultima mail prima dell’estate con qualche piccola novità, pensieri randomici, aggiornamenti e, più sotto, una piccola sorpresa per voi.
La pioggia continua a ticchettare sul tetto e giugno sta finendo. Non sono riuscita a raccogliere i fiori di tiglio per le tisane quest’anno, il mio tempo di riposo si è tramutato in un brutto raffreddore interminabile e drenante, aggravato da una fatica devastante nel fare le più basilari attività lavorative. Quasi senza che me ne accorgessi, in questo tempo di fermo, tra un colpo di tosse e il duecentesimo pacchetto di fazzoletti esaurito, sono successe cose molto belle, che hanno placato l’horror vacui e il mal di terra che mi prende quando mi fermo.
La mia più cara amica armena a due giorni dal suo volo è riuscita a ottenere un visto Schengen. Ha portato sua madre in Europa per la prima volta nella sua vita. «Non è vero che non sono mai stata in Europa!», ribadisce ferma, «Nel 1988 ero stata a Vilnius per lavoro». È seduta nel mio soggiorno con un bicchiere d’acqua in mano e sillaba queste frasi in un russo perfetto, con inconfondibile accento armeno. Nel 1988 Vilnius era ancora Unione Sovietica e lei lavorava come ingegnera.
Shushan a Gyumri. 2021
Osservare una signora caucasica di cinquantanove anni al suo primo giorno in Italia è una delle cose più belle che esista, credo. La mia tovaglia georgiana era sommersa di plumcake, pan di stelle, cantuccini, cioccolato e più cose buone che ero riuscita a reperire di straforo alla sera tardi in un negozietto di via Padova prima di partire all’alba del giorno dopo per il Friuli, lasciando loro la casa. Tornare e trovare una specie di festa armena in soggiorno, già iniziata da qualche ora in mia assenza mentre compivamo l’interminabile traversata padana da Udine a Milano, è stata una delle cose più casa che abbia vissuto negli ultimi mesi. Eravamo tutti stanchi, io dopo due giorni di bivacco e tenda, ma l’euforia di essere di nuovo insieme era più forte di qualsiasi altra cosa. Io e Shusho parlavamo e parlavamo, sua madre con gli occhi smarriti e un sorriso di estasi stampato sul viso che avrei giurato non si sarebbe cancellato neanche nel sonno. Ho ascoltato il racconto di come le è mancato il fiato uscendo dalle scale della metro di fronte al Duomo e quello della sua prima pizza costosa mangiata in centro, una pazzia da fare una volta nella vita perché sì. È durato poche ore, ma ho avuto il privilegio di vedere la sua mente vagare nell’iperuranio mentre assaggiava un buon gelato, o una pizza napoletana seria, vederla stupita ma in fondo curiosa tra gli ultimi strascichi di Pride a Milano, sentirla raccontare alle amiche al telefono di quanto sono belli gli italiani: «te lo assicuro, non c’è una singola persona brutta qui», gli intercalari armeni incancellabili dal discorso, ce Ele jan, ce ce ce… la sua fierezza nell’aver imparato un po’ di inglese, l’averla sentita spergiurare che ormai dopo un giorno in città le sembrava di capire l’italiano e che la polizia di frontiera le avesse detto proprio «ciao ciao signora!». Era la stessa mamma di Shusho che ogni volta che passavo a trovare nel loro appartamento a Erevan, sulla via Aram Khachatryan, al come stai mi allungava un piattino di basturma «che so che ti piace sempre» e rispondeva «per oggi siamo ancora qui, ma chissà se domani l’Armenia esisterà ancora». Lontana, lontanissima da quel senso di asfissia annichilente. Ho tirato un sospiro di sollievo, più largo e più profondo del solito, insieme a lei, che mi ha attaccato quel sorriso beato.
Questo nuovo Est che si sta configurando, tra sangue, distruzione, colpi di stato, distensioni, emigrazioni, dighe crollate, frontiere più e meno permeabili, è diverso da quello che mi dipingevo nella mente quando l’ho incontrato per la prima volta esattamente dieci anni fa a Sarajevo. Forse sto edulcorando i ricordi, ma nelle persone c’era una leggera euforia per il domani, più ottimismo.
Albina ora vive in Finlandia con Farid. L’ultima volta l’ho lasciata dopo un litigio senza senso contro la fidanzata del migliore amico di Farid, che è stata sbattuta fuori di casa la mattina dopo la festa, mentre io facevo una terrificante frittata di pasta con gli ingredienti più scadenti del Magnit per stemperare gli animi e non volermi sotterrare dall’imbarazzo della scena. Fuori volavano insulti pesanti e minacce di passare alle mani mentre i fidanzati cercavano di evitare che entrambe finissero all’ospedale. Ero a Kratovo, fuori Mosca, stavo per partire per un mese di Transiberiana in solitaria. Era il 2019, la primavera russa era tra le cose più meravigliose che avessi mai visto e il mondo sembrava radioso. Albina quella volta mi aveva portata fino al binario salendo fin dentro il vagone per verificare che fosse tutto in ordine. La provodnitsa le aveva detto di scendere, non aveva il biglietto, ma non c’era stato neanche tempo di discutere: dovevamo cercare insieme il mio posto, come fa la gente a Est per prendersi cura di te fino all’ultimo secondo, con apprensione eccessiva che lascia un segno d’amore indelebile negli anni. L’altro giorno mi ha inviato i suoi biglietti per Milano: arriveranno in tre e non più in due, tutti e tre con lo stesso bellissimo cognome tataro di Farid. Ho conosciuto Albina grazie a un programma di assegnazione buddy della HSE, l’università dove ho studiato a Mosca con un Erasmus Mundus nel 2017. Le informazioni che avevo su di lei erano solo due: un lunghissimo cognome che non suonava per niente slavo e l’iscrizione alla facoltà di matematica. Poteva finire lì, invece in qualche modo siamo diventate amicissime, anche se lei per venire a Mosca dal suo dormitorio di seconda categoria nella moskovskaya oblast’ ci metteva un’ora e mezza di incastri tra autobus, elektrichka e metropolitana. Albina mi ha portata a camminare sul fiume Kama ghiacciato a fine febbraio. I pescatori tatari sul ghiaccio mi fissavano dritti in volto dicendomi «sei in salute, si vede». Abbiamo tagliato Naberezhnye Chelny in lunghezza sui vecchi tram, ho fatto la mia prima vera banya con lei, tra cappelli di lana cotta, frustate con rami di betulla, scrub al caffè e cinque bottiglie di vodka che non abbiamo mai aperto. Un rituale purificatorio che non ho mai più abbandonato da quel giorno. Ora mi scrive ogni tanto che l’essere scappati dalla mobilitazione è stata una benedizione. «Finland is probably the best country where to raise a kid», ma i genitori di Farid chissà quando lo rivedranno - non è facile per loro uscire dalla Russia ed è pericoloso per lui tornare. Onestamente non capisco come pensassimo di vivere bene, prima, mi dice, io non so cosa rispondere perché so che prima o poi un po’ di nostalgia arriverà. Ora verranno a Milano e in qualche modo tocca a me: i tempi sono cambiati. Dovrò trovare il nostro fiume ghiacciato dove camminare.
Dal treno, da qualche parte in Carelia, luglio 2015.
Sasha e Bogdana, dopo un anno di guerra, hanno deciso di lasciare la loro casa nuova, comprata pochi mesi prima del 24 febbraio 2022. Mi scrive sempre Sasha su Telegram, in quella che per qualche motivo ha chiamato Strawberry chat. Il lavoro ha deciso che gli avrebbe pagato un hotel nella oblast’ di Lviv per un po’, ma poi si sono trasferiti da dei lontani parenti ai piedi dei Carpazi e a Kharkiv non sono più tornati. Il loro bimbo è un raggio di sole, tra i bimbi oggettivamente più belli che abbia mai visto, che pare non abbia ereditato niente dei tratti quasi tatari di Bogdana. Mi scrivono che hanno bisogno di una vacanza in Italia per cambiare aria, e in qualche modo ora tocca a me. Arriveranno anche loro, basta incastrarsi un po’. Sarà un colpo al cuore rivedersi e rimacinare 22km a piedi insieme in una giornata senza la neve sciolta di inizio marzo in Ucraina.
Con Gleb c’eravamo conosciuti a un capodanno a casa di un cantante e tastierista di Lviv dal caschetto a scodella biondo platino e lo sguardo allucinato di Riff Raff del Rocky Horror Picture Show che apriva le birre con una pistola vera. Mi aveva scritto - Gleb, non il tastierista - una lista di parolacce in russo e ucraino che secondo lui non potevo non sapere. Ho ritrovato quel foglietto durante il trasloco, insieme a una cartolina acquerello della cattedrale di Kharkiv che mi aveva regalato. Faceva murales nella sua città e ora è arruolato nell’esercito come volontario, guida i droni turchi Bayraktar contro l’esercito russo, gli stessi con cui ogni tanto l’esercito azero massacra impunemente i civili armeni bloccati da mesi in Karabakh. Mesi fa era in congedo per vedere suo padre, anche lui nell’esercito, ma in prima linea. Ogni volta che si salutano non sanno se si rivedranno ancora. Sentirlo in videochiamata, quel giorno, mi ha distrutta. Mi parlava di minaccia nucleare e a ripensare a quella lista di parolacce scritte alle quattro di notte del primo gennaio, girovagando insieme sui ciottoli di una delle città più scandalosamente romantiche d’Europa, mi sentivo sbriciolare dentro.
La verità è che in questo anno e mezzo ho faticato a scrivere, perché il mio mondo mi stava sfuggendo tra le mani. Ho smesso di capirci anche quello che credevo di aver capito prima, che già era ben poco - è cambiato tutto, letteralmente tutto, non c’è più niente che è rimasto uguale e ormai l’unica certezza è che non rimarrà uguale nemmeno a come lo stiamo vedendo ora. Mi chiedo che senso ha viaggiare in questo mondo che si sfascia - e so che un senso c’è, ma a volte i bordi si sfilacciano e i ricordi stridono dolorosamente con la realtà. Questa newsletter è stata un esercizio saltuario ma obbligato di raccolta e riflessione, uno spazio protetto dove raccogliersi, rigorosamente tra le 22 e le 4 di notte, a tirare un po’ le fila delle cose che sembravano non averne.
Forse l’unica cosa che ha intercettato perfettamente questo senso di rottura interiore, di terra che manca sotto i piedi in tutta la sua potenza lirica e dilaniante, è una minuscola raccolta di poesie che mi ha mandato una ragazza mesi fa. Si chiama Sofia Guerra, studia letteratura russa contemporanea dell’emigrazione ed è dovuta scappare dalla Russia dopo il 24 febbraio. Leggendo il suo volume, a ogni riga pensavo che avrei potuto esserci io, al posto suo, se avessi avuto tre anni in meno.
«Perché la poesia se c’è la desertificazione» grida senza urlare cose che sapevo dentro di me ma non riuscivo a realizzare, né tantomeno a esprimere. Mi ha fatto sentire capita. Avevo promesso a Sofia una telefonata dall’aeroporto di Abu Dhabi che non è mai partita: dovevamo parlare della cosa meravigliosa che ha scritto. Provo a farmi perdonare così :)
Con le parole di Sofia vi lascio all’estate, che per me sarà un periodo di lavoro intensissimo fino a fine settembre.
Un abbraccio e a presto,
Eleonora
«Non l'acqua fa l'isola ma
l'oblio
la distrazione davanti al
genere umano»
(da Maledizioni insulari, Perché la poesia se c’è la desertificazione, Ensemble Edizioni, ottobre 2022)
Cose future
A metà luglio mi prenderò un pochino di vacanze prima di iniziare i tour estivi, per leggere, ascoltare podcast e riposarmi il più possibile. Tornerò in treno da Catania a Milano, lungo il treno diretto più lungo d’Italia, senza cambi. Saranno 20.30h di treno e un po’ non vedo l’ora, un po’ mi ricordo che è con Trenitalia. Tra l’altro avendo intercettato la tariffa Super Economy l’ho pagato solo 59€.
Andrò in Georgia un po’ prima e poi il 31 luglio inizia il primo tour georgiano Pain de Route e Soviet Tours di quest’estate. Più o meno in parallelo ci sarà quello guidato da Tommaso Aguzzi, mentre nella seconda metà di agosto ci saranno i due tour in Asia Centrale: il mio e quasi in parallelo quello guidato da Sara Scardavilli. C’è tanto di quel lavoro dietro che comunque vada sono già felice per l’impegno stratosferico che ci abbiamo messo tutti: il tour operator, le guide locali, i fixer, i tour leader. Un po’ di paura c’è, ma pane e gazzella come sempre.
Il 26 settembre siamo sicuramente a Roma alle Industrie Fluviali a parlare di Kult. Più info a settembre. Può darsi che il giorno dopo saremo anche a Napoli.
A fine settembre, dal 29 fino all’1 ottobre, sempre con Angelo condurremo un workshop di podcasting indipendente al Festival di Internazionale a Ferrara. Credo ci sia ancora qualche posto per iscriversi, costa 155€ per 3 giorni di corso.
In autunno vorrei riproporre almeno un’escursione in Val Grande o dintorni, ma magari anche una in Friuli, perché quella di settimana scorsa è stata fuori dal mondo, bellissima. Ho messo un po’ di foto su Telegram.
🗿 KULT in Transnistria a settembre 2023
Ci sono gli ultimi 4 posti per partire con me e Angelo Zinna per la Moldavia e la Transnistria dal 12 al 17 settembre 2023: il viaggio è già confermato, ci siamo!
È organizzato da Soviet Tours e costa 890€.
Itinerario completo sul nostro sito.
Per partecipare compila il modulo di iscrizione cliccando qui sotto.
🎂 Auguri, Piccolo alfabeto!
Un’alba a Nisyros, Dodecaneso, dopo una notte in spiaggia. 2014
Luglio è il tuo mese, in cui sei arrivato fresco di stampe, ansie, paure, indecisioni fino all’ultimo minuto. Enrico Damiani Editore mi ha accompagnata per mano in questo lungo viaggio che abbiamo fatto insieme e che si è spinto incredibilmente più lontano di quello che avrei mai immaginato.
Per questo abbiamo pensato di farvi un regalo, anzi, due:
uno dei miei capitoli preferiti del libro qui in allegato, scaricabile e leggibile gratuitamente. Si chiama “Furgone merci”. È una storia che non mi stancherò mai di raccontare, dal primissimo viaggio in Asia Centrale: una volta con la mia compagna di viaggi - in arte MamaAfrika - abbiamo viaggiato da Bishkek a Osh in un furgone merci che trasportava carote, dormendo in una specie di letto o meglio cassa da morto dove stiamo state stipate in quattro per tredici ore e di come, in tutto ciò, alla fine i due guidatori del furgone siano pure riusciti a perdermi una scarpa dell’unico paio che avevo. Una piccola ode alla follia dell’Asia Centrale. Rido da sola ogni volta che ci ripenso, giuro.
l’ebook di Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici disponibile a 2.99€ da oggi fino al 10 luglio. Sul sito di EDEA, su Amazon e su tutti gli altri store online.
Consigli stravolti
Torno con una sezione di consigli bella nutrita, dopo averla saltata nella newsletter precedente.
Libri
Ho comprato la guida architettonica di Tbilisi di Dom Publishers. È straordinariamente completa e curata da Angela Wheeler, un’accademica straordinaria e una delle pochissime ad aver studiato come si deve e catalogato le moschee di legno dell’Agiara. Finalmente una guida tutt’altro che banale sulla capitale della Georgia, forse la città che più amo al mondo. A luglio se tutto va bene mi accaparrerò quella sulla Cecenia e il Caucaso del Nord curata nientepopodimeno che da Gianluca Pardelli.
In vena di acquisti libreschi, dopo Stalin mi sono presa anche Everest di Internazionale Storia. Non so come fanno, ma sono troppo bravi, è tutto bellissimo.
Continuo a pensare a certi capitoli di Il bello che piace, il primo libro di Cristina Cassese, ed. EDEA, uscito da pochissimo. Ha lasciato il segno e seminato bene, come tutti i libri migliori. Credo sia una lettura che dovremmo fare un po’ tutt* per decostruire e relativizzare un po’ le nostre vite. È destabilizzante e confortante insieme, è un qualcosa che negli anni si impara vivendo, viaggiando a volte lo si impara un po’ più in fretta, ma con certi libri lo si impara meglio, nero su bianco. Grazie Cristina per questo piccolo gioiellino di antropologia dei nostri corpi tutti.
Altre cose che ho letto
Il reportage da Gagauzia e Transnistria di Pietro Romeo e Gianluca Pardelli, che è il fondatore di Soviet Tours, il tour operator con cui collaboro dal 2019 per i miei viaggi di gruppo.
Non mi capacito di come non avessi mai letto niente di Marzio G. Mian. Azzardo a Nordest, uscito su Internazionale (serve l’abbonamento), ha appena vinto il prestigioso True Story Award. La sacra missione artica della Russia è semplicemente geniale, folle e inquietante contemporaneamente (si legge gratis). Che emozione ogni tanto ritrovare giornalismo così.
Podcast
Finalmente ho sentito davvero tanta tanta tanta roba nuova, bella e diversa. Ecco qui un po' di consigli ricapitolando le cose ascoltate negli ultimi due mesi.
Torno a stra-consigliare Linea Bianca, il podcast di Natalie Norma Fella sulla città di Gorizia, che è fatto straordinariamente bene - veramente fuori dal comune. Natalie l’ho conosciuta di persona scarabocchiando insieme in silenzio storie improbabili guidate da una traccia audio a una performance pazzesca alla Triennale. Non credo potesse esserci un primo incontro migliore: non abbiamo neanche avuto il tempo di parlare dieci minuti che già stavamo disegnando cose incredibili insieme, comunicando senza parlare, ascoltando e basta. Dopo essere tornata in Friuli, questo podcast è tornato più urgente e necessario di prima, insieme all’episodio 11 di Problemi di Jonathan Zenti, che tra le varie cose racconta la storia della distruzione del Narodni Dom di Trieste da parte dei fascisti nel 1920.
Figlie: una storia incredibile scritta e raccontata dalla voce magistrale di Sara Poma, già autrice di Carla (tra i miei podcast preferiti in assoluto) e Prima. Due figlie in viaggio in Argentina alla ricerca delle tracce di una madre desaparecida. Pur sapendo pochissimo di Sud America, mi ha letteralmente rapita. Su Rai Radio Play (su Spotify ci sono solo i primi 3 episodi).
Cose Turche: Eleonora Masi è una giornalista che si occupa di Turchia. È riuscita a dare voce ai profondi sconvolgimenti che questo paese ha attraversato negli ultimi dieci anni grazie a voci nitide, vivide e vicine. Mi ha parlato molto perché la parabola di involuzione che il paese ha vissuto, colpo dopo colpo, è (seppur diversa) un po' simile a quella che sta attraversando anche la Russia, dove ho vissuto. Interamente autoprodotto, che piacere ascoltarlo e imparare così tanto. Mi ha scritto Eleonora che si è ispirata anche a Cemento e Kult e non potrei esserne più fiera.
Dopo centomila anni, ho sentito anche io La Piena di Matteo Caccia, su suggerimento di Isabella. Travolgente, da ascoltare tutto d’un fiato. Una storia vera di traffici di droga allucinante, dove i buoni e i cattivi pian piano sfumano un po’ alla Breaking bad, senza accuse e dita puntate. È su Audible, che è a pagamento, ma c’è la prova gratuita di 30 giorni.
Sto sentendo Blokada, podcast sull’assedio di Sarajevo, ma pur essendomi sforzata di ascoltarlo con attenzione c’è qualcosa che non ha cliccato. Forse è la scrittura, forse è la confusione di non capire chi sta parlando e cosa fa, forse è la narrazione un po’ lenta e macchinosa. È un buon tentativo e dopo il bell’episodio di Lokomotiv serviva un podcast un po’ più approfondito, riascolterò più avanti a mente un po’ più sgombra.
Mi era piaciuta la puntata sulla guerra tra Georgia e Abcasia di La Biblioteca di Alessandria, l’ospite, Elena Russo, è davvero molto brava. Non ho mai sentito altro di questo canale, i podcast sono indicizzati malissimo mentre i video YouTube sono facili da reperire. Episodio lunghissimo ma vale la pena.
Omissis: la ricostruzione della dimenticata vicenda della sparizione a Beirut della giovane giornalista Graziella De Palo, arrivata in Libano in piena guerra civile sotto l'ala dell'OLP. Una vicenda di cui non sapevo niente e che spalanca squarci nelle grandi vicende politiche e stragi di quegli anni. Dall'aereo di Ustica al lodo Moro, dalla strage della stazione di Bologna ai traffici di armi verso l'OLP. Un po' denso e difficile da seguire fino in fondo se non si ha il quadro storico super chiaro in mente. Forse bisognava diluirlo un po' e scriverlo in maniera più piana, ma senz'altro interessantissimo. Consigliato sì, ma se avete già almeno un’idea generica del contesto turbolento di quegli anni.
La puntata S06E27 de Il cielo sopra Pechino, parla ancora di Beirut. Fatta molto bene, ascoltabile, realistica, per chi vuole avere una infarinatura sul caos inestricabile del Libano.
Ho sentito la puntata di Globo dedicata alla Georgia e onestamente non mi è molto piaciuta. Dalle domande che fa l'host si capisce che non sa di cosa sta parlando. La salvo al 50%, da ascoltare per una panoramica in italiano abbastanza corretta sulla situazione politica attuale della Georgia ma con parecchi asterischi da aggiungere e senza prendere per oro colato quello che viene detto. Purtroppo è raro che su temi un po’ più di nicchia sull’Est Europa si esca dalla solita visione manichea del mondo, quando le cose sono sempre ultracomplesse.
Bel podcast fatto molto bene che avevo sentito in passato sulla situazione migratoria (allucinante) a Cipro: Cipro. La nuova porta d'Europa. Di Velania A. Mesay. Da far sentire a chi andrà in vacanza a Cipro quest'estate, perché aprire gli occhi su questa realtà distopica che sfiora i turisti inglesi che si abbrustoliscono al sole è il minimo sindacale. Su Rai Play Sound
È uscita finalmente l'ultima puntata di Zaynab. Una calciatrice in fuga dai taliban, podcast di Internazionale. Raccontato molto bene, una storia incredibile di fuga dal nuovo Afghanistan talebano. Si sente il meraviglioso zampino di Jonathan Zenti che è garanzia di qualità.
Che voglio sentire presto, sempre su consiglio di Isabella, ormai guru di podcast: Io ero il milanese e Milano è il diavolo.
Musica
Ieri Boris Grebenshchikov, cantante degli Akvarium, storica rock band sovietica, è stato dichiarato agente straniero in Russia. Certe canzoni del rock sovietico mi parlano nel profondo come poche altre e questa notizia è l’ennesima pugnalata al cuore da quando la Russia ha invaso l’Ucraina.
Se non conoscete gli Akvarium questo è il momento di iniziare. Forse la canzone che ho ascoltato di più è Gorod, città, che mi rievoca istantaneamente la piccola cabinovia colorata di Yalta, in Crimea, sotto le nebbie pesanti del film cult Assa!, del 1987.
Se già che ci siete volete vedere anche il film, c’è sottotitolato in italiano gratuitamente su Perestroika.
Per quest’estate è tutto. Sono le 4.16, a Mosca albeggiava già d’estate quando finivo di studiare per gli esami, qui invece è ancora buio e sarà il caso di andare a dormire.
Buone vacanze e a presto!
Eleonora